L’Intelligenza Artificiale per un futuro più “umano” e sostenibile

Oggi l’IA è poco efficiente e costosa per l’ambiente: come cambiare paradigma secondo il Dipartimento di Informatica dell’Università di Pisa.

Nellesplosione di parole attorno al tema cruciale dell’IA (Intelligenza Artificiale), si è poco segnlato che attualmente questa è ancora poco efficiente e molto costosa per l’ambiente. Ecco allora la volontà di creare microprocessori in grado di replicare i sistemi di apprendimento biologico, così da rendere l’IA più flessibile, efficiente e sostenibile anche dal punto di vista ambientale.

È la sfida lanciata da un gruppo internazionale di ricercatori coordinato dal NUAI Lab (Neuromorphic AI Lab) della UTSA (University of Texas at San Antonio), di cui fa parte anche Vincenzo Lomonaco, tra i massimi esperti italiani di Continual Learning, ricercatore presso il Dipartimento di Informatica dell’Università di Pisa e tra gli autori dell’articolo “Design principles for lifelong learning AI accelerators”, uscito a novembre 2023 sulla prestigiosa rivista scientifica Nature Electronics.

Per un’IA più efficiente e sostenibile

«La fallibilità dell’IA è ancora troppo alta – ha spiegato Lomonaco – e questo perché, così come la conosciamo oggi, l’IA si basa su sistemi di apprendimento automatico troppo rigidi, che la rendono incapace di affrontare condizioni nuove, non precedentemente incontrate durante il processo di addestramento. Di fatto, le facciamo apprendere una grande quantità di informazioni tutte insieme, ma ogni volta che emerge una novità su un determinato tema dobbiamo aggiornare il sistema da zero. Tutto ciò, oltre ad essere poco efficiente, ha anche dei costi altissimi, sia in termini economici che ambientali, visto l’elevato consumo di energia e le conseguenti emissioni di CO2 di questi processi».

Aggiornare un sistema di IA, d’altronde, può arrivare a costare fino a diversi milioni di euro. Per avere invece un’idea dell’impronta ambientale dell’IA basta pensare che, secondo un recente studio dell’Università del Massachusetts, l’addestramento di diversi modelli di IA di grandi dimensioni può emettere una quantità di anidride carbonica equivalente a 5 volte quella emessa da un’automobile americana media durante il suo ciclo di vita, compreso il suo processo di produzione.

Una soluzione possibile

Secondo Lomonaco e gli altri ricercatori del NUAI Lab (coordinato dalla professoressa Dhireesha Kudithipudi), una soluzione è rappresentata dall’Apprendimento Automatico Continuo (noto in inglese come Continual Learning o Lifelong Learning), che permetterebbe all’IA di assimilare un gran numero di conoscenze in sequenza, senza dimenticare quelle acquisite in precedenza.

«Per realizzare un sistema di apprendimento di questo genere – ha proseguito Lomonaco – è necessario modificare gli attuali paradigmi computazionali ed eliminare i vincoli infrastrutturali esistenti. Per questo, con i colleghi del NUAI Lab abbiamo gettato le basi di un nuovo sistema di apprendimento incrementale, basato sul co-design hardware-software. Ossia sulla progettazione simultanea di componenti hardware e software, così da dar vita a un sistema di Lifelong Learning per l’IA che sia robusto e autonomo. Il tutto basato su algoritmi di nuova generazione che, lavorando in modo più simile all’intelligenza umana, permettono all’IA di accrescere le proprie conoscenze in modo progressivo, più rapido ed efficiente, con consumi che si avvicinano a quelli di una lampadina».

Nella foto in alto: Vincenzo Lomonaco del Dipartimento di Informatica dell’Università di Pisa insieme ai colleghi Antonio Carta (al centro) e Andrea Cossu (a destra), con cui collabora attivamente sui temi dell’articolo pubblicato dalla rivista Nature Electronics.

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a cura di Redazione