Un interessante punto della situazione promosso dalla LIUC sull’utilizzo dell’IA nel mondo della logistica, aiuta a disegnare un quadro della situazione e scoprire tanti progetti già realizzati.

Nel campo dell’innovazione è difficile trovare un tema più attuale dell’intelligenza artificiale (IA). Più complicato invece, capire come inserirla con successo nei processi aziendali, in modo particolare quando si parla di quel settore tanto cruciale quanto articolato come la logistica.
Superata ormai la fase del se, la sfida da affrontare è sul come trovare la modalità giusta per conciliare esigenze, benefici, risorse e naturalmente disponibilità a investire.
Un compito del quale non esita a farsi carico la LIUC di Castellanza. Oltre ad aver aperto ormai da qualche tempo i-LOG, centro di ricerca dedicato, propone regolarmente incontri e attività di formazione. Il più recete, pochi giorni fa in collaborazione con Columbus Logistics, per analizzare dove e come l’Intelligenza Artificiale sia applicata nell’ambito dei trasporti, del magazzino e della gestione della supply chain.
Una risposta di oltre seicento addetti ai lavori ha permesso subito di capire la portata dell’argomento, la necessità di capirci di più e inquadrare le necessarie strategie. «Il ruolo della tecnologia nella logistica è un ambito spesso sottovalutato, dove non bisogna discutere solo di prezzo – esordisce Stefano Bianconi, Direttore Generale di Columbus Logistics -. L’IA è un’innovazione pervasiva, destinata a diventare dirompente. Sta già creando opportunità, ma anche tanti problemi ed è fondamentale capire a che punto siamo».
In situazioni del genere, abbinare una ricerca sull’argomento al racconto di chi ha già affrontato la sfida è sempre una scelta azzeccata. Il lavoro di i-LOG in questo caso non ha neppure dovuto faticare troppo a trovare le adesioni, primo segnale di un tema di grande attualità.
Degli oltre seicento questionari raccolti, un terzo è arrivato proprio dal settore della logistica e dei trasporti, anche se la maggior parte dell’attenzione, il 44%, è nel mondo manifatturiero, attratto dalle prospettive di aumentare e rendere più efficiente l’automazione.
La maturità digitale è ancora lontana
Il primo dato complessivo però, non è tra i più rassicuranti. Solo il 35% delle aziende supera l’esame di maturità digitale. Infatti il voto medio è 15,4/30, in linea con i principali studi sulle imprese italiane.
Meglio le grandi imprese, dotate di reparti IT, dove si supera il 40%. D’altra parte, l’attenzione verso l’IA ne dimostra la validità. il 65% delle aziende con almeno una soluzione di IA attiva, viene promosso all’esame di maturità digitale.
In realtà comunque, il 30% dichiara (o ritiene) di avere una qualche forma di IA all’interno dei sistemi IT adottati in ambito logistico. Tuttavia solo il 7% ha un’applicazione implementata e già funzionante, mentre un altro 22% è in fase di implementazione. In crescita soprattutto per quanto riguarda le soluzioni in ambito Supply Chain Planning, 22%.
Non a caso, l’ambito in cui storicamente si sono sviluppati i primi algoritmi predittivi basati sull’IA. Su tutti svetta però il Sales Forecasting, indicato invece dal 43%, mentre tra le prime cinque applicazioni per diffusione rientrano il Production Planning, il Transportation Planning, l’Ottimizzazione delle attività di magazzino e la Gestione delle scorte.
Un segnale incoraggiante arriva dalla ragione per la quale si guarda all’IA. Prima dei sempre auspicabili risparmi, si punta infatti a un miglioramento nella qualità delle informazioni rilevanti nei processi decisionali.
Inoltre, grazie all’IA, ci si aspetta una riduzione dei tempi di elaborazione delle informazioni, dal quale scaturisce una maggiore reattività, utile sia per un aumento della produttività sia per rimediare a imprevisti o adattarsi a cambi di scenario.
Guardando al futuro, la situazione appare per certi versi contrastante. Quasi il 60% dei rispondenti sta valutando infatti di investire in IA entro i prossimi due anni. In particolare, si sale al 75% tra chi ha già iniziato il processo. D’altra parte, un terzo delle risposte, per il 60% appartenenti alla funzione Logistica e supply chain, non è a conoscenza di eventuali investimenti. C’è anche da prendere nota di un 7% pronto ad ammettere di non avere piani per il futuro, per mancanza di competenze interne, timore dei problemi derivanti dall’integrazione dei sistemi IT e dai costi di implementazione.
Tra le conclusioni, nel complesso buone anche se con ampi margini di miglioramento, c’è spazio per una questione molto sentita. «La spinta principale arriva dalla prospettiva di migliorare la qualità delle informazioni, soprattutto a uso previsionale – osserva Nicolò Trifone, Ricercatore di i-LOG dell’Università LIUC -. Sul fronte operativo invece, la sensazione più diffusa è di una tecnologia utile per affiancare le persone e non sostituirle nelle rispettive mansioni».
Sulla supply chain Coca Cola si muove tutto in sincronia
Puntare sulla qualità dei dati emerge presto come uno degli elementi essenziali in un progetto di Intelligenza Artificiale. Da questa dipendono infatti buona parte di tutti i possibili vantaggi. Interessanti al riguardo almeno un paio di testimonianze, tra loro molto diverse ma con lo stesso denominatore.
«L’IA è un abilitatore critico per ottenere un vantaggio competitivo – sottolinea Roberto Bertolli, customer logistics manager Coca Cola HBC -. Abbiamo avviato un percorso di riprogettazione della supply chain, finalizzato ad aumentare la produttività a fronte di fattori esterni o imprevisti».
Il progetto si muove su tre binari principali, sempre con l’obiettivo di agire invece di reagire e prendere decisioni non solo sulla base dell’esperienza personale, ma anche contando su dati riferiti a situazioni reali, nella massima collaborazione a tutti i livelli dalla supply chain.
In dettaglio, il modulo Shippeo ha permesso di aumentare la visibilità, mostrando in ogni momento la posizione esatta di un veicolo impegnato in una consegna, con la possibilità di organizzare meglio sia l’attività dei propri centri logistici sia quella dei clienti, compresi eventuali aggiustamenti a seguito di imprevisti.
Palantir invece viene sfruttato per raccogliere integrare e interpretare tutti i dati disponibili, dagli ordini alla disponibilità dei mezzi fino allo storico dei clienti, al fine di organizzare al meglio il magazzino e arrivare addirittura ad anticipare variazioni nella domanda.
Infine, in Coca Cola si lavora anche su un progetto interno Intelligence Nerve Center, una sorta di centro di controllo utile per combinare previsioni con disponibilità effettive di magazzino e di logistica, in grado di proporre anche scenari alternativi in caso di potenziali problemi.
In A.Capaldo la burocrazia dei trasporti non è più un freno
All’estremo opposto, anche per storia e dimensione, un caso invece tutto italiano, altrettanto importante per ribadire la versatilità dell’IA. «Siamo partiti nel 1930 con un negozio di ferramenta a Napoli – ricorda Massimo Magri, COO Operations & Supply Chain Director di A.Capaldo -. Oggi siamo un punto di riferimento per i punti vendita nel bricolage in quasi tutta Italia, gestendo più di cinquantamila referenze per oltre cinquemila clienti».
Una situazione dove gestire i documenti di trasporto era diventano un collo di bottiglia non più sopportabile, tra documenti digitali, PDF o scritti a mano, si parla di 400mila righe all’anno in entrata e 4,3 milioni in uscita, il tempo dedicato andava a scapito dell’efficienza.
«Anche il più preciso dei sistemi di OCR in certi casi non era sufficiente – spiega Magri -. Abbiamo provato con un sistema via e-mail o EDI, ma con scarso successo».
Non senza una certa sorpresa, la soluzione è arrivata da EDM, società di informatica locale, e la relativa proposta, quasi una sfida, di poter risolvere la questione grazie a un IA in grado di riconoscere e classificare correttamente anche la scrittura più indecifrabile.
Sfruttando l’interazione diretta dell’operatore, il sistema di IA aiuta a classificare e organizzare correttamente tutti i documenti, per esempio risolvendo situazioni all’apparenza banali ma fondamentali ai fini di analisi, come uniformare il formato di una data o classificare le singole righe di un ordine.
Tra gli aspetti più significativi, sono bastati due mesi per abbattere del 90% il tempo di data entry e scongiurare la possibilità di errori. Abbastanza per passare subito alla fase successiva del progetto, integrare direttamente l’ERP.
di Giuseppe Goglio
a cura di Stefano Belviolandi
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