Transizione 5.0: imprese al palo senza la data di entrata in vigore dei decreti attuativi

La mancanza di una data certa sull’emanazione e sull’entrata in vigore dei decreti attuativi legati al piano Transizione 5.0 rischia di essere un boomerang per l’imprenditoria manifatturiera. Gli imprenditori attendono il via libera prima di ‘imbarcarsi’ in una qualsiasi forma di investimento e questa incertezza destabilizza i piani e la possibilità di far ‘muovere’ capitali immobilizzati.

La mancanza di una data certa sull’emanazione e conseguentemente sull’entrata in vigore dei decreti attuativi legati al piano Transizione 5.0 rischia di essere un boomerang per l’imprenditoria manifatturiera.

Gli imprenditori alle prese con questi incentivi, che ricordiamoli partirono dal 2016 quando vennero avviati gli incentivi Industria 4.0, attendono una sorta di via libera prima di ‘imbarcarsi’ in una qualsiasi forma di investimento e questa incertezza destabilizza i piani e la possibilità di far ‘muovere’ capitali immobilizzati che rendono le imprese quasi dei pachidermi in attesa di uno stimolo efficace.

Quando arriveranno i decreti attuativi

La riflessione nasce dalla mancanza, ancora oggi, dei decreti attuativi che, di fatto, darebbero il via all’applicazione del piano Transizione 5.0 reso ufficiale con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale ai primi di marzo scorso.

Transizione 5.0: le imprese soffrono senza una data certa dei decreti attuativi
Gregorio De Felice, Chief Economist and Head of Research di Intesa San Paolo

Anche Gregorio De Felice, Chief Economist and Head of Research di Intesa San Paolo, ha commentato questo aspetto durante la recente Convention della Lamiera che si è tenuta al Kilometro Rosso di Bergamo lo scorso 17 maggio 2024.

De Felice, già nella videointervista rilasciata a TecnoLamiera, già lamentava questo aspetto evidenziando come la mancanza dei decreti attuativi e la certezza di una data che ne definisse i contenuti provocasse una situazione di stallo per le imprese ingessate in un atteggiamento di eccesiva prudenza sugli investimenti. Considerando gli andamenti dei sistemi economici degli ultimi anni l’Italia è il paese messo meglio e questo andamento è da imputarsi agli incentivi.

Recentemente, tra l’altro, questo stesso punto è stato discusso durante un evento Schneider Electric da Serena Fumagalli e Ilaria Sangalli, Senior Researchers di Intesa Sanpaolo Research Department.

Fumagalli e Sangalli hanno dato molti dati sullo scenario attuale e previsto evidenziando che il mondo della produzione di macchinari industriali in Italia è composto da 23.000 unità con 470.000 addetti (dati Istat), il 14% di tutto il settore manifatturiero, con un valore aggiunto sviluppato nel 2023 pari a 48,4 miliardi di euro.

La certezza sull’entrata in vigore dei decreti attuativi favorirebbe gli investimenti delle imprese

Il mercato della produzione di macchine industriali è il secondo segmento per valore aggiunto di tutto il manifatturiero italiano, e l’Italia è seconda a livello europeo dopo la Germania per numero di occupati e valore della produzione. Siamo al quinto posto come esportatori a livello globale (dati 2022) e in alcune nicchie (industria della carta, confezionamento, macchinari per la panificazione e mondo della pasticceria).

Per quanto riguarda la costruzione di macchinari, il comparto, secondo fonte Istat, vede circa 23.000 unità produttive, con 470.000 addetti (macchine di impiego generale, speciali, macchine utensili, macchine per l’agricoltura).

Con un valore aggiunto di 48,4 miliardi di euro l’Italia è al secondo posto dopo la Germania a livello europeo per valore della produzione e numero di occupati. Il 20% del valore della produzione dell’industria europea sono i macchinari italiani; al quinto posto rispetto al commercio mondiale (6%) come esportatori.

Riguardo alle previsioni sul ciclo internazionale futuro, è stato evidenziato che gli indici PMI stanno crescendo a livello globale, con una crescita guidata dai servizi e molto meno dal manifatturiero. L’Italia non risulta più fanalino di coda nella crescita del PIL nell’Eurozona.

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a cura di Stefano Belviolandi