Come la produttività e la competitività delle imprese italiane possono trarre benefici dall’IA, nell’analisi di Romeo Scaccabarozzi, amministratore delegato di Axiante.

Nel rapporto “Il futuro della competitività europea”, presentato lo scorso settembre 2024 da Mario Draghi su richiesta della Commissione Europea, si evidenzia come il divario economico, e quindi il minore potere di spesa tra i cittadini europei rispetto a quelli statunitensi derivi principalmente dalla bassa produttività dei settori economici dell’Unione Europea.
Con “produttività” si intende l’efficienza con cui i lavoratori producono beni e prestano servizi rispetto al numero di ore lavorate.
La situazione italiana
All’interno di questo scenario l’Italia non brilla di certo, dal momento che la produttività del lavoro è rimasta pressoché invariata negli ultimi vent’anni. Secondo gli ultimi dati disponibili di Eurostat, nel 2023 l’indice di produttività del nostro Paese si attestava a 100,5, a fronte di un valore pari a 98 nel 2003, segnando quindi un aumento minimo di soli 2,5 punti in 2 decenni. L’analisi storica di Eurostat mostra una crescita dal 1995 fino al 2001, seguita da una lunga fase di stagnazione.
E negli ultimi anni la situazione è persino peggiorata: la produttività è calata da 103,9 nel 2020 a meno di 101 nel 2023. Ovviamente non possiamo sottovalutare che la pandemia da CoViD-19 ha avuto un impatto pesante sul mondo del lavoro, ma neppure che alcuni Paesi europei negli ultimi 2 decenni hanno registrato incrementi anche molto brillanti.
Secondo Draghi, la produttività in Italia è stagnante principalmente a causa di problemi strutturali come un sistema educativo poco allineato con le esigenze del mercato, scarsi investimenti in innovazione e tecnologia, oltre a una pubblica amministrazione inefficiente, eccesso di burocrazia e a un’elevata pressione fiscale. Fattori che rallentano la produttività e quindi la competitività delle aziende italiane e del suo sistema economico: se la produttività è bassa, i costi sono più alti e di conseguenza le imprese faticano, in un circolo vizioso, a investire e quindi da una parte a competere sui mercati internazionali, dall’altra ad aumentare i salari e quindi il potere di acquisto.
L’IA come abilitatore del rilancio
Come anche evidenziato dallo stesso ex Presidente del Consiglio italiano, il gap in termini di digital transformation delle aziende italiane ha un impatto diretto sulla loro forza competitiva del nostro sistema Paese: un’ulteriore conferma che le imprese italiane sono chiamate in maniera ormai inderogabile a innovare.
In questa direzione, l’IA può essere un forte facilitatore dell’inversione di questo trend stagnante della produttività/competitività aziendale, automatizzando attività ripetitive, velocizzando e rendendo più efficaci i processi interni e riducendo gli errori umani.
Soluzioni basate sull’IA possono gestire documenti, analizzare dati, ottimizzare processi e aree aziendali, prevedere la manutenzione di macchinari, automatizzare certe attività e molto altro. Questo certamente nelle grandi aziende, ma non solo. Soprattutto in Italia, dove oltre il 90% delle imprese sono di piccole-medie dimensioni con spesso risorse umane limitate, l’adozione dell’IA potrebbe rappresentare una leva strategica anche per le realtà più lungimiranti per fare di più con meno e meglio e iniziare a colmare anche il gap tecnologico che le penalizza e le penalizzerà sempre di più.
Dal punto di vista della competitività, le tecnologie legate all’IA possono consentire alle aziende di offrire prodotti e servizi più innovativi, personalizzati e tempestivi, rispondendo meglio ai bisogni dei consumatori e alla pressione/instabilità dei mercati. Inoltre grazie all’analisi predittiva e al supporto decisionale, le imprese possono anticipare tendenze, migliorare la customer experience e ottimizzare le proprie strategie a cominciare da quelle commerciali e marketing.
I primi effetti calcolati
Con ciò non si nega che le implicazioni dell’IA vanno oltre gli effetti positivi sulla produttività e competitività, a cominciare dalla necessità di aumentare/riformare le competenze umane in risposta all’automazione delle attività, ma non possiamo sottovalutare che studi come quello di Vanguard – il più grande fornitore mondiale di fondi comuni e il secondo dei fondi scambiati in Borsa – hanno stimato che l’integrazione dell’IA in termini di sola automazione del lavoro negli Stati Uniti, porterà entro il 2035 a un aumento di produttività del +20% all’anno e quindi a una crescita potenziale del PIL di quasi il +3% nel decennio del 2030. Incrementi che potranno, peraltro, tradursi in un aumento delle retribuzioni e delle risorse welfare.
In questo scenario, per le aziende italiane che competono su scala globale puntando su qualità e design (basti pensare alle numerosissime realtà del made in Italy) l’IA rappresenta un alleato fondamentale per mantenere e rafforzare il proprio posizionamento internazionale, innovando senza snaturare il proprio DNA. Aziende per esempio del distretto tessile di alta qualità possono avvalersi di una soluzione IA per il monitoraggio in tempo reale dei telai e l’analisi dei dati di produzione.
Questa tipologia di soluzioni può permettere di rilevare in automatico anomalie nei macchinari, intervenendo prima dei guasti, di ottimizzare turni e gestione delle scorte e incrementare così la produzione a parità di dipendenti e telai impiegati. Mentre la data analysis potenziata dall’IA può facilitare l’azienda nell’offrire tessuti “su misura” ai clienti, come piccole serie in linea con i “gusti” e i quantitativi medi degli ordini dei vari brand fashion o con colori basati su analisi predittive delle tendenze di mercato. Vantaggi in grado di aumentare l’attrattività internazionale e l’attenzione dei buyer sempre più attenti alla personalizzazione e sostenibilità.
Un’esperienza concreta

Come l’esperienza sul campo di Axiante sta dimostrando, l’adozione di software potenziati con l’IA può fortemente contribuire al miglioramento della produttività anche i settori economici BtoC come il retail: per esempio le tecnologie di IA sono centrali, per non dire indispensabili, nell’ottimizzazione degli assortimenti (e quindi per aumentare vendite e redditività a metro quadro dei p.v.) soprattutto nelle insegne con formati diversi e negozi in tutto il territorio e quindi con abitudini di consumo/acquisto differenti.
Mentre chatbot e assistenti virtuali possono aiutare a scremare le richieste del customer service, liberando risorse da dedicare alla consulenza. Al contempo, l’analisi dei dati comportamentali, mette già oggi gli addetti vendita nella condizione non solo di offrire al singolo cliente proposte personalizzate ma anche di suggerire servizi e accessori aggiuntivi portando a un significativo incremento delle vendite anche cross.
In quest’ambito Axiante, in qualità di Business Innovation Integrator, si pone l’obiettivo di accompagnare le imprese nello sfruttare le capacità dell’IA di generare software, dati, previsioni, raccomandazioni e contenuti, oltre che di eseguire autonomamente attività, per generare un impatto economico concreto. Queste tecnologie consentono infatti non solo di migliorare l’efficienza operativa e la qualità decisionale, ma anche di rafforzare la competitività e la solidità finanziaria, per una crescita strutturale e sostenibile del business.
a cura di Redazione
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