Serve una strategia 4.0 per innovare

Se negli anni precedenti gli sforzi sono stati rivolti verso l’ottimizzazione dei processi, oggi l’attenzione deve essere sempre di più rivolta verso i prodotti. Perché l’industria 4.0 è anche una grande occasione per proporre tecnologie e modi di uso nuovi

Sono passati ormai nove anni da quando il tema dell’industria 4.0 (Hannover Messe 2011) ha incominciato a dominare la scena del manifatturiero prima e successivamente dell’impresa nelle sue diverse accezioni. L’idea originale era quella di offrire un’occasione per rilanciare la competitività delle produzioni facendo leva su efficienza e prodotti innovativi.
Non tutti hanno accolto questo fenomeno con lo stesso slancio ed entusiasmo ma è indubbio che in questi anni sono successe tante cose: è migliorata la consapevolezza da parte di imprenditori e tecnici; sono migliorate le tecnologie, che hanno finalmente trovato la loro maturità; sono state perfezionate le filiere in tutte le loro forme. Anche le politica ha fatto la sua parte concependo strumenti per garantire il percorso verso l’innovazione, in forme nuove anche perché nuove sono state le esigenze di chi si è approcciato a questo nuovo modo di concepire le produzioni.E tutto questo ha portato sicuramente i suoi frutti anche se molto rimane ancora da fare. Da Nord a Sud gli imprenditori cercano di comprendere come sia possibile rilanciare i propri prodotti creandone di nuovi. Le imprese hanno indubbiamente acquisito una crescente maturità digitali e si sono dimostrate flessibili nell’adottare tecnologie. In questo molto hanno aiutato gli abilitatori tecnologici che hanno saputo creare un livello comune di utilizzo tecnologico.
Se negli anni precedenti gli sforzi sono stati rivolti verso l’ottimizzazione dei processi, oggi l’attenzione deve essere sempre di più rivolta verso i prodotti. Forse l’Italia è stata brava ad attuare le linee del manifatturiero 4.0, ma non è stata così brava a proporre tecnologie e modi di uso nuovi. Perché l’industria 4.0 è anche una grande occasione per essere protagonisti tecnologici. Certo non è la componentistica la nostra vocazione, ma i sistemi abilitanti (software, macchine, sistemi meccatronici).
È giunta l’ora di lavorare seriamente sull’innovazione di prodotto e non solo nei prodotti core di una azienda, ma anche nella direzione delle tecnologie abilitanti. In qualche modo è semplice capire come migliorare il proprio prodotto, la cosa più difficile è immaginare come l’esperienza accumulata nell’implementare pratiche virtuose, possa diventare a sua volta un prodotto stesso abilitante per altre imprese. Vincere la concorrenza significa capire le esigenze del mercato, comprendendo quali sono le mode e quali invece le esigenze più profonde e durature. Tracciare insomma una strategia di lungo periodo, con la possibilità di verificarla e migliorarla su tappe intermedie, che faccia della Ricerca il filo conduttore. Che si immobilizzino pure i beni e gli impianti funzionali e flessibili, ma non si immobilizzi l’esigenza di rinnovamento continuo.

Il 4.0 non è solo tecnologie digitali

Oggi una macchina o un prodotto intelligente, più che essere caratterizzata dalla sua capacità di erogare servizi, deve essere legato alla sua capacità di generare innovazione e di essere riscalato secondo le variabili della strategia aziendale, e soprattutto deve poter generare valore proponendolo a mercati non abituali. Per molto tempo si è pensato all’industria 4.0 come il diffuso utilizzo delle tecnologie internet (digitali) nel manifatturiero. Ma è molto di più! È l’uso dell’innovazione e della Ricerca continua all’interno dei processi produttivi e nei prodotti. Se pensiamo infatti alle tecnologie si vede come gli “ingredienti” di base sono di fatto gli stessi, cambia come questi vengano rielaborati ed impiegati a seconda delle esigenze delle singole aziende o mercati. I manuali insegnano che è possibile implementare processi di Technology Push che impattino su fornitori e clienti ed oggi diventa fondamentale anche per il tessuto industriale italiano lavorare in quella direzione. In questa direzione bisogna tornare a lavorare per filiere dove implementare elementi comuni, ad esempio il software, per consentire lo scambio di informazioni o piattaforme condivise con i propri fornitori per la progettazione di macchinari e processi che creino un valore aggiunto. Creare insomma una forte integrazione tra clienti e fornitori. E non è solo una questioni di integrazione. Le tecnologie evolvono molto velocemente e chi ha approcciato il problema qualche anno fa si trova oggi a che fare con tecnologia molto più mature . Che fare? Buttare tutto e ricominciare? Indubbiamente molto potrebbe essere diventato obsoleto, figlio di sperimentazioni molto spinte da parte dei fornitori tecnologici, che non sempre sono state di successo. Questo in qualche modo crea sconforto in chi ha adottato le tecnologie, ma va compreso che non è tempo perso, perché ha permesso di ragionare sulle proprie strategie ed esigenze di lungo periodo.

La lezione imparata è che è fondamentale pensare in termini di strategie, di architetture e di visione. Queste rimangono valide indipendentemente dalle tecnologie impiegate, mentre l’uso della ricerca in modo flessibile permette di avere sistemi al passo con i tempi. Meglio avere modo di valorizzare continuamente la ricerca, che non ammortare un bene che diventa obsoleto velocemente. Uno degli equivoci più grandi è quello di pensare agli investimenti come un diamante: per sempre! Oggi vale sempre di più il tema dell’ innovazione continua e dell’uso delle tecnologie come piattaforme abilitanti. Dove la scalabilità delle soluzioni rappresenta il punto di forza. E la sfida nei prossimi anni è quella di imparare ad esplorare tecnologie nuove, sempre più solide dalla manifattura additiva, all’efficienza energetica ed alle produzioni sostenibili e più integrate con le comunità dal punto di vista di logistica e scambi energetici. E non dimentichiamo la sfida del capitale umano. Rimane in primo piano la necessità di personale preparato ottenuto riqualificando i propri occupati, magari rallentando il ciclo produttivo e creando più welfare aziendale.

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a cura di Giambattista Gruosso